PESCHE RIPIENE
Tagliare a metà le pesche, scelte non troppo mature, togliere con un coltello il nocciolo e delicatamente, asportare della polpa, allargando così il suo incavo, che servirà per contenere il ripieno.
Tagliare a metà le pesche, scelte non troppo mature, togliere con un coltello il nocciolo e delicatamente, asportare della polpa, allargando così il suo incavo, che servirà per contenere il ripieno.
Con il latte tiepido impastare la farina con il miele, le mandorle tritate, i canditi tagliati a piccoli cubetti, il cacao in polvere e le spezie, lavorare a lungo e amalgamare bene così da ottenere un impasto consistente. Formare il pan pepato dandogli la caratteristica forma a zucchetto (berretto ecclesiale) e porlo su una teglia da forno. Cuocere per circa venti minuti nel forno a 180 °C. Farlo raffreddare, intanto preparare la glassatura sciogliendo a bagnomaria il cioccolato fondente, con un pennello ricoprire la superficie con il cioccolato fuso.
Raccogliere le noci verdi e fresche. Si tagliano in croce senza dividerle completamente e si pongono in un largo vaso di vetro con l’alcol, le spezie e un poco di vaniglia. Chiudere ermeticamente il vaso e lasciarlo riposare per un paio di mesi onde ottenere l’infuso con l’avvertenza di agitarlo di tanto in tanto.
Passare il prosciutto cotto nel mixer tritatutto alcune volte, in modo di ottenere un composto liscio e omogeneo, quasi cremoso.
Versare il composto in una ciotola, salare leggermente e pepare, unire il Brandy, mantecare bene il tutto, incorporare delicatamente la panna precedentemente montata.
Foderare uno stampo con la carta da forno, versare la mousse e riempire lo stampo e metterlo in frigorifero per alcune ore. Sformare su un piatto da portata e servire guarnendo con fettine di uovo sodo.
In una grande pentola versare il mosto e i gherigli di noce, fare sobbollire a fuoco basso per molte ore, almeno dieci o dodici. Mescolare di tanto in tanto, badando di schiumare, almeno all’inizio.
Quando il mosto si è ridotto della metà ed è divenuto uno sciroppo denso, aggiungere la scorza dell’arancia privata della parte bianca.
Mescolare la farina con un poco di acqua salata e un poco di latte; ottenere un impasto moderatamente morbido. Fare con l’impasto delle palline più grandi di una noce e, con le mani, schiacciarle ottenendo forme rotonde di circa dieci centimetri. Cuocerle nella padella leggermente unta. Servire calde.
D’inverno sotto i portici del centro di Bologna, sino ad alcuni decenni fa, caratteristiche “vecchine” dotate di un primitivo braciere, le preparavano e cuocevano man mano che i passanti le ordinavano. Era un diversivo povero per bimbi da poche pretese.
In tre contenitori diversi, versare, mescolare e amalgamare gli ingredienti delle tre parti, imburrare una “ruola” (teglia) e versarvi il composto della parte bianca, in modo da formare uno strato alto circa un centimetro, cuocere al forno. Ripetere l’operazione per le altre due parti. Lasciare raffreddare gli impasti cotti, tagliarli a cubetti e cuocerli nel brodo per circa una decina di minuti. Aggiungendo del passato di pomodoro alla parte bianca si ottiene un impasto tendente al rosso così da ottenere l’effetto del tricolore.
Lavare e mondare gli spinaci, quindi lessarli in poca acqua per non far perdere il sapore, scolarli e ridurli a purea. Battere le uova in una terrina aggiungendo il formaggio parmigiano reggiano grattugiato, il pangrattato, un pizzico di noce moscata e aggiustate di sale e pepe. Dividere il composto in due parti uguali e, a una di queste, aggiungere e amalgamare gli spinaci. In due pentole diverse cuocere nel brodo i due composti, che risulteranno uno giallo e uno verde. Servire nei piatti fondi componendo a piacere i due colori.
Sbattere e montare le uova, unire e amalgamare bene il parmigiano reggiano grattugiato, quindi salare e pepare il composto: la “tardùra”. Cuocere il riso nel brodo e, una volta cotto, farlo riposare e raffreddare per alcuni minuti, con l’aiuto di un cucchiaio di legno, un poco alla volta aggiungere la “tardùra”, servire dopo aver amalgamato bene.
La minestra di Pasqua è comune a tutta l’Emilia, a Bologna, dove il pangrattato è usato al posto del riso, si chiama minestra del Paradiso; “riscuntardùra” a Reggio Emilia o “riz e tridura” a Parma.
In una ciotola con una frusta montare a neve gli albumi, e mescolando delicatamente un poco alla volta aggiungere lo zucchero. Sul fuoco, in una casseruola porre la ciotola a bagnomaria, seguitando a mescolare fare addensare e rapprendere (circa 20 °C) spegnere il fuoco e togliere la ciotola dal bagnomaria, unire le mandorle tritate poi la farina, mescolare e amalgamare con cura così da ottenere un composto abbastanza compatto e sostenuto.