Fosche nubi sulla cucina italiana
Etichette a semaforo; merci europee che rischiano dazi salati negli USA: solo alcuni dei gravi pericoli per il Made in Italy.
Le cronache gastronomiche degli ultimi giorni non riportano notizie molto gioiose per la cucina italiana; alcune sono semplici curiosità, altre, purtroppo, rappresentano la tipica tendenza italiana all’autolesionismo, mentre altre ancora non sono da noi cercate ma appaiono come vere e proprie punizioni.
Cominciamo con la curiosità: la celebre, anche se poco convincente, classifica di The World’s 50 Best Restaurants 2019, sponsorizzata da acqua San Pellegrino e acqua Panna (gruppo Nestlé), una volta eliminato Massimo Bottura quale vincitore dello scorso anno, vede come miglior ristorante del mondo Mauro Colagreco (argentino di La Plata) con il suo “Mirazur” di Mentone, mentre l’Italia retrocede pesantemente, rispetto all’edizione del 2018, e deve accontentarsi del 29° posto per “Piazza Duomo” di Alba (dal 16°) e del 31° per “Le Calandre” di Rubano (dal 23°). Niko Romito è scivolato dal 36° al 51° posto.
A proposito della multinazionale svizzera Nestlé, ci giunge notizia che, entro il 2019, tutti i prodotti venduti in Europa avranno la vituperata etichettatura a semaforo Nutriscore, sistema di cui abbiamo già parlato in un precedente Focus e contrastato da sempre da un’Italia compatta “perché inganna i consumatori”. In realtà siamo di fronte, tanto per cambiare, a una situazione ingarbugliata sulla quale la Commissione europea dovrebbe fornire indicazioni chiare sulle etichette nutrizionali semplificate. A proposito di etichette, tuttavia, le brutte notizie non finiscono qui. Sia il Tribunale di Roma, sia Bruxelles hanno dichiarato illegittime le norme italiane approvate dal Parlamento che impongono l’obbligo di indicare in etichetta il luogo di produzione o di confezionamento. Pur essendo vero che non cambia molto sapere se una notissima pizza surgelata sia prodotta in Germania o a Napoli, siamo del parere che più trasparenza c’è sui prodotti e meglio è. Tuttavia, le lobby delle grandi aziende lavorano in senso contrario.
Altri pericoli per il Made in Italy giungono d’oltreoceano. Gli USA hanno infatti aggiunto ulteriori prodotti alla lista di merci europee che rischiano dazi all’export. Si va dai formaggi (mozzarella, ricotta, pecorino romano, parmigiano reggiano e grana padano, provolone), alle olive, alle ciliegie, alle composte di frutta ma, soprattutto, c’è il caffè, prodotto importantissimo per l’export nel mondo. Non mancano ovviamente i vari salumi come prosciutto cotto e crudo, salami e, infine, il tocco finale con la pasta sia secca sia fresca.
Proprio a proposito dei prosciutti, leggiamo dolorose notizie in merito ai prosciutti crudi di Parma e San Daniele, che pare siano ottenuti con maiali danesi di razza Duroc, assolutamente non ammessi dai disciplinari dei Consorzi di tutela. Per questo, sono state sequestrate e “smarchiate” quasi un milione di cosce di maiale solo a fine 2018. Si tratta di circa il 20% della produzione annua di Parma e San Daniele, che genera un volume d’affari che sfiora un miliardo di euro l’anno e i due prodotti sono le bandiere della nostra cultura gastronomica.
Vogliamo chiudere con una bizzarra curiosità che riguarda il nostro bravo, burbero, simpatico chefstar Antonino Cannavacciuolo. Cuoco pluristellato Michelin con “Villa Crespi” (2 stelle), “Café & Bistrot” (Novara) con 1 stella e “Bistrot Cannavacciuolo” di Torino (1 stella). C’è poi “Laqua Charme & Boutique”, a Meta, in provincia di Napoli e, in ultimo, per ora, “Antonino, il Banco di Cannavacciuolo”, punto street food gourmet aperto nell’outlet più frequentato del Nord Italia, il The Style Outlet, di Vicolungo.
Tra le molteplici attività svolte dal Nostro (programmi televisivi e corsi di cucina), c’è anche quella di scrivere libri di ricette. La sua ricetta delle “linguine con il pesto alla genovese” è davvero sorprendente. Esordisce con gli ingredienti indicando per 4 persone la bellezza di 500 grammi di basilico! Mezzo chilo di basilico, una montagna (le ricette di solito indicano una tazza, circa 100 grammi). Sorvoliamo sui 10 gherigli di noci non previsti dalla tradizione, che alcuni cuochi usano, ma è quel che segue che lascia attoniti: “Lavare il basilico, prendere le foglie e asciugarle. Sbianchirle (scottarle) in acqua salata e raffreddarle in acqua e ghiaccio. Scolarle e strizzarle”. C’è da chiedersi se il bravo (per altri versi) Antonino abbia letto quello che ha pubblicato.
Paolo Petroni
Presidente dell'Accademia